Chiunque abbia scritto almeno una lettera nella vita
sa bene quanto sia difficile rendere, per iscritto, l’ironia.
In fase di scrittura, abbiamo il tempo e lo spazio per pensare strategie
che la sottolineino, impiegando in gran copia figure retoriche come
l’iperbole, per dare spessore letterario a quel che in una conversazione
è demandato a sguardi, espressioni del volto o al tono della
voce.
Ma ove il tempo fosse contato e lo spazio limitato, come sintetizzare
con efficacia questa dimensione? Ad esempio, Mario, diciotto anni,
riceve da Angela, sedici anni, una SMS di questo tipo:
"Ti piaccio?"
Mario sa che Angela aspetta una risposta efficace, ironica e in non
più di 120 caratteri (spazi inclusi).
Mettiamo che risponda, come la Monaca di Monza:
"Sì"
Manzoni dedica ben più di una pagina del romanzo a far comprendere
cosa ci sia "dietro" quel sì, a darci la chiave di
lettura emotiva, a costruire un contesto che lo renda differente da
un qualsiasi altro "sì" di una qualsiasi monaca che
prende i voti. Rispetto a tale profluvio di prosa, è chiaro
che il "sì" di Mario risulta inevitabilmente opaco
all’interpretazione. Certamente Mario avrebbe anche potuto spendere
un poco di tempo in più e rispondere:
"Ti amo come la rugiada che rinfresca la verzura di primo mattino"
Ma il risultato non è garantito. La necessità di economizzare
ha portato in questi anni allo sviluppo di un codice di "chiavi"
emotive che in poco spazio orientino l’interpretazione del lettore.
Ad esempio, Mario può rispondere:
"Certo :-)" = "scherzando"
oppure
"Certo ;-)" = "strizzando l’occhiolino"
o ancora
"Certo :-x" = "non posso dirti di più"
o addirittura
"Certo :’-)" = "piangendo per la felicità".
In occidente, queste faccine stilizzate si chiamano smileys, e ricordano
alcune spille che un tempo gli adolescenti appuntavano ai loro zainetti.
Alcune di queste possono essere chiamate propriamente emoticons, in
quanto si riferiscono ad uno stato emotivo; altre sono descrizioni
fisiche dell’autore o di differenti personaggi. Lo smiley di
base è:
:-)
E si legge ruotandolo di novanta gradi in senso orario. Tutti gli
altri derivano da modifiche rispetto all’espressione sorridente
di questo, ottenute utilizzando i caratteri tipografici a disposizione.
Es.
:-I = "indifferente"
:-( = "triste, arrabbiato"
>:-) = "cattivo"
Le abbiamo chiamate "chiavi" in analogia con la musica,
perché danno in qualche modo il sistema di riferimento perché
la frase "suoni" in un certo modo. Il meccanismo semiotico
che presiede alla loro produzione ed interpretazione non è
poi così semplice. Si farebbe troppo presto a definirle icone
e catalogarle tra i sistemi di segni motivati retti da somiglianza
– e con che cosa, poi? Con un viso, certo, ma non con l’emozione
corrispondente, la quale resta tuttavia denotata, non connotata, a
meno di non immaginare una sorta di "connotazione rigida"
che bypassi la denotazione originaria, sull’autonomia della quale
avanzerei qualche dubbio. Uno smiley può essere inventato,
e vi sono siti internet in cui essi possono essere proposti, ma evidentemente,
nonostante la propria iconicità deve entrare nell’uso
sociale per essere riconosciuto senza problemi. Ad esempio:
+O:-)
Significa "il Papa" e non "ho in testa le donne",
come potrebbe sembrare ad un primo sguardo ;-). E’ la società
a selezionare a posteriori un codice che faccia piazza pulita della
dimensione arbitraria di un segno che è sì iconico,
ma anche estremamente stilizzato. L’arbitrarietà degli
smileys deriva poi dall’insieme, rigorosamente finito, dei caratteri
alfanumerici a disposizione dell’utente. A partire da tali "iconemi",
l’utente si lancia nel tentativo di produrre un segno iconico,
perché rimanda ad una espressione del volto, che solo a questo
punto esercita una funzione emotiva nel discorso (se si tratta di
una emoticon) o referenziale, se è piuttosto una descrizione.
In un terzo senso, l’arbitrarietà dipende dalla cultura
che ha prodotto il sistema di icone; ciò può essere
mostrato facilmente attraverso la comparazione di emoticon prodotte
da altre culture. Un esempio gradevole risulta dalle "faccine"
giapponesi. In Giappone, la faccia "di base" è questa:
(^_^) = sorriso normale.
Oltre a non necessitare di nessuna rotazione per essere interpretata
– fatto che comporta comunque un problema agli occidentali, ad
un primo impatto - questa faccina "ride con gli occhi",
per così dire. A dimostrarlo, la sua versione "ridotta":
^^
E la sua versione neutra:
-_-
che a dire il vero non è molto utilizzata, a giudicare dalla
scarsa frequenza nei diversi elenchi disponibili in internet. Sempre
agendo sugli occhi, avremo allora:
(~_^) = "ammiccamento"
(^.-) = "ammiccamento femminile"
oppure
(O_o) = "Hai visto che roba?"
Sempre nell’ottica del confronto tra culture, ci sono altre piccole
differenze interessanti. Ad esempio, noi abbiamo un solo segno per
esprimere imbarazzo, che è:
:-I
Per di più, qui c'è un problema di polisemia, perché
IL MEDESIMO SEGNO esprime indifferenza, tant'è che le varie
classificazioni che ho trovato danno un significato principale (indifferenza)
e uno secondario (imbarazzo). Potremmo anche disquisire se l'indifferenza
CONNOTI imbarazzo e di che tipo di imbarazzo si tratti, se la narcotizzazione
di un significato sia fenomeno contestuale, etc. Il punto è
che invece i giapponesi hanno UNA SERIE di simboli di imbarazzo (eh
eh eh! Mi pare ovvio...). Eccone alcuni:
(^_^;) = Sono nervoso
^_^;;; = Molto imbarazzato
(^o^;>) = Scusa
(_o_) = Sono spiacente. I tratti stanno per le mani, il tondo per
la testa.
m( _ _ )m = Sono terribilmente spiacente. Le "m" stanno
per le mani, le parentesi per la testa.
Un importante distinguo, deriva dal fatto che il sorriso rivela notizie
anche sul genere di chi scrive. Ad esempio:
(^_^) = Sorriso maschile
(^.^) = Sorriso femminile
\(^_^)/ = Banzai! (Auguri: mani alzate).
\(^.^)/ = Girl Banzai!
Ciò si deve al fatto che le ragazze giapponesi non dovrebbero
mostrare i denti quando ridono, per un fatto di educazione. I nostri
smileys invece consentono di nominare il genere solo in risposta a
domande precise:
O+ = Donna
O-> = Uomo; variante: :-
:-{} = Mi sono messa il rossetto
:- {I = Ho i baffi
(o)(o) = Seno perfetto
:-) -: = Sono Umberto Bossi (2,1,2,4)
:-( :- = Non sono Umberto Bossi
L’origine delle emoticons giapponesi è attribuita dai
"fans" occidentali ad una stilizzazione delle espressioni
dei personaggi dei cartoni animati. Non è del tutto errato,
ma forse è più corretto ipotizzare che vengano utilizzati
codici culturalmente condivisi tra i ragazzi che leggono i "manga",
i fumetti giapponesi. In Giappone è praticamente obbligatorio
per gli adolescenti il possesso di un cellulare, a differenza di quel
che accade in paesi come il nostro (^_^), ed è proprio per
sottolineare la chiave emotiva dei messaggi SMS che sono nate le emoticons,
che oggi trovano applicazione anche nelle chat e nelle e-mail. L’età
degli entusiasti di questa tecnologia li porta ad impiegare i codici
"più condivisi" a disposizione. Alcuni esempi:
(X_X) = Morto
($_$) = Avido
(Y_Y) = Innamorato, "allupato" (le "Y" sono stilizzazioni
di occhi a forma di cuore).
Ovviamente, la nostra cultura è esposta ai cartoni animati
giapponesi fin dagli anni settanta, e dunque non è difficile
comprendere come anche da noi alcune di queste faccine stiano prendendo
piede, per lo meno le più usate. Anche tra chi non è
più esattamente adolescente…
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