Ocula 2, marzo 2002

Semiotica e produzione di testi

 

di Francesco Galofaro






Metasemiotica: dalla competence alla performace

L'ultimo volume di Giulia Ceriani (2001) costituisce un interessante lavoro sulla semiotica come strumento di lavoro utile nella fase di produzione dei testi. Che questo intento sia dichiarato esplicitamente è sicuramente una novità: la semiotica non è più vista come uno strumento utile ad analizzare testi già prodotti, con un approccio descrittivo. In alcune aziende infatti, comincia ad affermarsi un lavoro semiotico intorno alla produzione dei testi, che vede l’approccio divenire, de facto se non de jure, normativo. Questa svolta va accompagnata da una attenta riflessione della semiotica su se stessa e sui propri scopi, al fine di non deragliare dai propri presupposti, dalle proprie ambizioni di scientificità e di rigore, dalle finalità della disciplina.

1.1 I caratteri della svolta.

La semiotica nasce infatti intorno al problema del segno e del testo, e si dipana nel corso dei decenni in un duplice sforzo, che comporta da un lato l’analisi del contenuto testuale interno, visto come una stratificazione di piani dal più superficiale al più profondo (Quello che nel modello Eco (1979) è il lato intensionale del contenuto testuale); dall’altro lato, la semiotica ha indagato la vita sociale dei testi nel rapporto con il lettore, che adotta una serie di strategie atte alla decodifica dei testi, inferenze e quant’altro (nel modello citato, è il lato estensionale del testo). Dall’analisi della connotazione (Barthes 1964) a quello della decodifica aberrante (Eco 1968) dalla progressiva perdita di centralità del concetto di codice all’attenzione sulle procedure che rendono significante la realtà, i due piani sono sempre stati considerati interdipendenti. Nel seguente schema riportiamo in maniera semplificata la direzione della funzione segnica dal piano del significante a quello del significato:

 Fig 1:

Quando considerazioni di natura semiotica intervengono nel processo di produzione del testo, la direzione del processo si inverte. Partiamo infatti dai valori che virtualmente vorremmo il nostro testo veicolasse, e, tenendo presente la comunità dei lettori, le convenzioni sociali, il formato dell’enciclopedia in loro possesso con i suoi codici e sottocodici, cerchiamo di far sì che questi si incarnino in uno o più testi possibili:

Fig 2:

Ciò avviene contro pareri autorevoli come quello di Greimas (1979): l’approccio generativo non è un approccio genetico, che situa la genesi di un oggetto nel suo sviluppo cronologico (cfr. "Generazione"); non bisogna neppure confondere generazione e produzione, essendo quest’ultima determinata dal solo enunciante, a differenza della prima, che partecipa della competenza del soggetto parlante che è indistintamente emittente e ricevente (cfr. "Produzione").

E’ tuttavia proprio il percorso della produzione che Ceriani pare seguire quando descrive <<tutte le tappe di una procedura semiotica corretta capace di schierarsi semplicemente ma puntualmente dalla parte delle questioni sollevate dal marketing>>(p.121) come un percorso che parte dal concetto per approdare al testo secondo un percorso che dall’astratto porta alla superficie (nome, logo, design etc.). Tale metodo molto pratico richiede la soluzione di taluni nodi teorici, che non possono essere elusi senza implicare la rinuncia ad ambizioni scientifiche; tutto ciò nell’interesse di una disciplina che si evolve imperiosamente in questa direzione, che crediamo feconda - se non altro per i possibili sbocchi professionali che presenta. La semiotica orientata all’azienda deve ancora superare il vaglio di una verifica epistemologica.

1.2 Limiti dell’approccio normativo

E’ impossibile, anche teoricamente, determinare a priori quale sarà il modo in cui un individuo particolare "leggerà" un testo. Ogni singolo individuo ha una sua competenza frutto della sua esperienza, e si trova a parlare un particolare idioletto semiotico: tuttavia non dimentichiamo che per Greimas (1979), il massimo grado dell’idioletto coincide con l’autismo; e dunque la semiotica può stabilire come un testo dovrebbe venire interpretato da un modello di lettore (Eco 1979). Pensiamo che il fondamento epistemologico di questo tipo di posizione, che ha il vantaggio di evitare il decostruzionismo radicale, vada ricercato nella classificazione delle scienze di Peirce, per il quale la semiotica, che coincide con la logica, è una scienza normativa, fatto sottolineato anche da Proni (1990). La semiotica è in questo analoga alla logica, la quale non descrive come ragioniamo, ma come dovremmo ragionare. Dobbiamo pertanto chiarire cosa intendiamo quando diciamo che stiamo assistendo ad un passaggio da una semiotica descrittiva ad una semiotica normativa, visto che, dal punto di vista di Peirce, la semiotica è in ogni caso normativa, anche quando descrive testi. E tuttavia, proprio nel descrivere testi, la semiotica, non intende spiegare come produrli. Anche la semiotica generativa distingue tra generazione del senso e produzione del testo, come abbiamo visto sopra. Allora diciamo che in questi ultimi anni l’insieme di strumenti ben collaudati sorti nell’ambito di una semiotica normo-descrittiva cominciano a trovare impiego nell’ambito di una semiotica normo-produttiva; dalla semiotica che studia come i testi dovrebbero venire interpretati, passiamo ad una semiotica che studia come i testi dovrebbero venire prodotti. Operazione questa – è bene ripeterlo - da compiere assolutamente con cautela, in quanto non esente da rischi.

In effetti, non pensiamo che sia possibile, a partire da una serie di valori, stabilire, nel nome della categoria dell’efficacia, un testo che in assoluto sia il miglior candidato a veicolarli, e questo perché ci troviamo di fronte ad una pletora di testi possibili il cui numero è per lo meno indefinito, sebbene i vincoli alla produzione di natura extra-semiotica (sostanzialmente economica) e le routines produttive ormai codificate intervengano senz’altro a scremare il novero delle possibilità. Non è inoltre nel potere del semiologo creare dal nulla una domanda di testi a priori insussistente: in questo la semiotica non rappresenta il superamento dei limiti del marketing, che si pone come obiettivo la massimizzazione della domanda, non la sua invenzione. In altre parole, il lettore-modello di un testo potrebbe naturalmente anche non coincidere con alcun lettore empirico. Ciononostante, la vera ragione dell’impossibilità di reperire un testo "eccellente" risiede nel carattere mai del tutto eliminabile di convenzionalità, di arbitrarietà del processo semiosico che si instaura tra piano dell’espressione e piano del contenuto. Chiunque abbia assistito alle riunioni tra l’inserzionista l’agenzia che effettivamente dà vita alla campagna pubblicitaria ha l’esatta percezione del fenomeno in tutta la sua portata: ma proprio in questa fase vediamo quale possa essere un primo livello di intervento per il semiologo nel ridurre problemi derivanti da decodifica aberrante (cfr. Eco 1968), notando discrasie tra lettore empirico e lettore modello del testo pubblicitario, o come il lettore modello presupposto dal testo non coincida affatto con l’intenzione dell’inserzionista. Tuttavia, non potrà mai di fatto garantire quella che in termini economicisti potremmo chiamare la massimizzazione del processo comunicativo, ossia il fatto che il testo pubblicitario prefiguri un lettore modello capace di rappresentare la totalità dei lettori empirici potenziali, siano essi i compratori di un prodotto, i destinatari di un servizio, i "fidelizzandi" di un marchio, dato un determinato ammontare di risorse investite.

1.3 La costruzione semisimbolica come strategia

Una riprova di questo fatto è fornita proprio da Ceriani, la quale utilizza alcune strategie che, intenzionalmente o meno, sono tese a ridurre l’arbitrarietà del rapporto tra i piani testuali. L’esempio più eclatante che possiamo fare è l’utilizzo onnipresente del quadrato semiotico greimasiano, oggettivamente abusato, se dovessimo mantenerci fedeli all’intenzione di Greimas (Greimas – Courtés 1979), che era quella di impiegarlo per descrivere il livello profondo del testo. Immaginando di avere a che fare con la categoria (X Vs. Y), il quadrato consente di articolarla nel seguente modo:

E’ possibile così collocare sugli assi del quadrato i termini complessi scomponibili nella categoria così articolata; ecco l’esempio più classico, riportato anche da Ceriani (2001):

A partire da Floch e da Landowski si è affermato un impiego molto libero del quadrato logico greimasiano in relazione allo sviluppo della socio-semiotica. Come nota Marrone (2001, p.169) <<In tal modo, il quadrato semiotico (rappresentazione visiva dell’articolazione logica di una qualsiasi categoria semantica) diviene (…) uno strumento euristico di grande efficacia>>. Tale impiego è dovuto probabilmente al fatto che da un punto di vista meta-semiotico il quadrato costituisce esso stesso un sistema semi-simbolico, che consente di luna molto potente, a suo modo addirittura seducente, di visualizzare topologicamente in uno spazio – e quindi sul piano dell’espressione - le categorie articolate dalla sua struttura sintattica e logica, indipendentemente dalla tipologia dei valori che occupano le posizioni previste, almeno nell’interpretazione molto libera che si va affermando in contrasto con l’intenzione di Greimas; nella stessa pagina Marrone fornisce una spiegazione del fenomeno: <<differenziare significa, non tanto limitarsi a dire che una cosa è diversa da un’altra, ma capire in che modo lo è, qual è dunque il tipo specifico di relazione per cui quelle due cose vengono percepite come differenti>>. Qui abbiamo una posizione che si lega comunque all’impostazione di Saussure, per il quale il senso elementare sorge da differenze pure senza termini positivi. Nello scritto di Marrone su Floch, non sarebbe in virtù delle differenze tra due valori, oggetti, fenomeni che si stabiliscono tra essi determinate relazioni (di contrarietà, contraddizione, complementarità), bensì in virtù delle relazioni che possiamo predicare una differenza, la quale del resto è già, ad un livello più elevato di generalità, una relazione. Tuttavia per Saussure, la differenza senza termini positivi dalla quale nasce il senso è reperibile solo all’ultimo livello di scomposizione del linguaggio nei suoi elementi semplicissimi. Qui il rischio è invece quello di considerare semplici cose che semplici non sono, e di perdere di vista la complessità e la varietà delle relazioni logiche che si danno tra strutture a loro volta complesse. Insomma, il rischio è che il valore articolato sul quadrato sia scelto nei fatti arbitrariamente, e che i risultati dell’applicazione del quadrato, generati in maniera automatica e deduttiva –con tutti i limiti di questo approccio- siano altrettanto arbitrari. Ecco che il quadrato stesso diventa una calcolatrice semiotica. Questo processo si presta ad abusi, anche ove la scelta di ciò che si deve articolare sul quadrato sia ragionata (è senz’altro il caso degli autori citati, il valore della cui opera non è certo qui in questione) perché non è affatto detto che le possibilità di relazioni logiche elementari tra valori siano solo tre.

1.3.1 Morfologia delle relazioni logiche: una decisione pragmatica?

La questione è antica e mantiene inalterato il suo interesse. Ad esempio, in una lettera di Frege al suo editore recentemente pubblicata in Italia (cfr. Frege 2001) l’autore affronta la questione se sia più profondo un linguaggio logico che contiene meno primitivi; la conclusione di Frege è che è solo più incompleto, perché molti fenomeni restano impliciti e sullo sfondo. Meglio allora moltiplicare le relazioni? Non è affatto detto. Nello stesso volume, in una trattazione sulle differenze tra la propria ideografia e quella di Peano, Frege sostiene che

<<una notazione o simbolismo può apparire più o meno adeguata o inadeguata a seconda dell’intenzione che vi è sottesa>>

Si tratta di un criterio insolitamente pragmatico, per lo meno rispetto alla tradizione cui fa riferimento Frege, e sicuramente rispetto ai suoi epigoni. Gli stessi criteri di opportunità sembrano guidare Greimas nella scelta di un sistema semplice di relazioni logiche: è quanto si legge nel primo volume del dizionario (Greimas – Courtés 1979), alla voce "Quadrato semiotico", dove l’autore riconosce (secondo paragrafo) che la lignuistica ha impiegato strumenti anche più complessi, da un lato, e dall’altro (sesto paragrafo) mette in guardia da una identificazione del quadrato stesso con costruzioni logico-matematiche indipendenti, perché la sua formulazione risente indubitabilmente di un <<fare metodologico applicato agli oggetti linguistici concreti>>.

Diciamo dunque che il quadrato viene impiegato perché costituisce uno strumento pratico e semplice, non perché offra garanzie di esaustività.

1.3.2 Ridurre l’arbitrarietà.

Venendo al punto, Ceriani impiega il quadrato come fondamento per costruire una omologia strutturale tra i valori profondi del contenuto, da un lato, e le opposizioni categoriali del piano dell’espressione, dall’altro. Questo appare evidente dall’esempio a pagina 117 sulla "linea" di un elettrodomestico, suggerendo un metodo per la costruzione di un sistema semisimbolico a partire dal quadrato:

Nell’esempio di Ceriani, le linee squadrate supportavano valori come "tecnologia", "freddezza", "razionalità", "meccanicità", mentre quelle arrotondate comunicavano "affettività", "calore", "creatività", "antropomorfismo". Per un fatto di buon senso, Ceriani specifica che tale legame vigeva "al momento della ricerca"; e su questa linea, nel presentare il quadrato, ricorda che "le posizioni descritte sono sempre lessicalizzate/nominate in funzione del contesto (…)" (2001, p.51). Il metodo suggerito da Ceriani non ambisce ad avere una validità ontologica, tenendo in considerazione in certa misura contesto e circostanze e optando per una validità qui-e-ora.

Esula dal nostro scopo l’analisi dei vantaggi di tale metodo, che nei fatti costruisce una relazione biunivoca e motivata tra piano dell’espressione e del contenuto; qui vogliamo solo precisarne i limiti e i confini.

Sostanzialmente, un sistema semisimbolico non è un sistema simbolico. Non abbiamo una corrispondenza punto a punto tra gli elementi semplici dei due piani, né possiamo dire che tali elementi siano limitati e inventariabili, come ad esempio avviene per la semiotica logico-matematica. Il testo polisemiotico di cui ci occupiamo non è un sistema completamente formalizzabile; le categorie selezionano e raggruppano alcuni tra gli indefiniti elementi che, costituendo l’asse del paradigma (secondo la terminologia di Hjelmslev (1943)) dei due piani possono virtualmente andare ad occupare una determinata posizione sull’asse del sintagma, in maniera sempre e comunque arbitraria, nonostante lo sforzo di ridurre tale arbitrarietà. Peraltro, il fatto che non vi sia una corrispondenza motivata tra piano del contenuto e dell’espressione, consente di fare perno su quel tanto di arbitrario che caratterizza questi sistemi per "individuare nuovi posizionamenti e i relativi codici di riferimento"; infatti, "tali posizioni (scil. quelle occupate dai valori investiti nel quadrato semiotico) non sono cristallizzate ma aprono la possibilità di trasformare i valori descritti (…)"(Ceriani 2001, p.51). A nostro parere qui ci poniamo al di fuori dal quadro epistemologico caratteristico della riflessione greimasiana; una rottura che è pienamente giustificata dal rovesciamento implicato da una semiotica della "produzione" del testo, e non della "generazione" del senso a partire da un testo già dato.

2.0 Altri livelli di intervento testuale.

Con queste premesse, andiamo ora a suggerire la possibilità di impiego di un altro strumento utilizzato nelle analisi semiotiche di prodotti seriali in fase di produzione di un testo di questo tipo.

2.1 Le griglie semiotiche.

Pozzato (1995) ha insistito sull’impiego della griglia semiotica, che consente l’analisi in tempi relativamente brevi di un gran numero di "uscite" di un prodotto seriale, sia esso una serie televisiva o un periodico. Ne impieghiamo una versione volutamente semplificata per mostrarne le potenzialità.

In questo esempio a ciascuna riga corrisponde una determinato topic ricavato da una prima analisi grezza delle prime pagine del giornale; man mano che procediamo con l’analisi, tale lista può essere modificata; possono essere aggiunti topic; altri, meno interessanti, possono essere eliminati; alcuni possono essere sussunti in una voce unica o scorporati da una voce troppo generale. In colonna abbiamo i numeri del giornale, e l’intersezione tra riga e colonna ci segnala le occorrenze (in questo caso quantificate con il numero di moduli impiegati) dei diversi topic.

Abbiamo utilizzato come categoria d’analisi il topic, ma è possibile inserire in riga qualunque elemento dell’analisi (in senso hjelmsleviano), rapporti strutturali ricorrenti, elementi del piano dell’espressione, programmi narrativi d’uso etc.

 

 

Da un punto di vista semio-produttivo questo strumento potrebbe trovare impiego – ad esempio – in fase di revisione del timone della prima pagina.

2.2 Dalla descrizione alla progettazione

Ora, una griglia differente viene impiegata nella produzione di un serial televisivo. Vediamo un esempio:

Nella tabella, le colonne rappresentano la trama della puntata scomposta in eventi, le righe l’evoluzione dei personaggi di puntata in puntata. Sulla base di questa griglia vengono compilate le famose "bibbie" dei serial, ossia la documentazione relativa alla storia e alle caratteristiche di ciascun personaggio in ciascuna puntata.

2.3 Dalla progettazione all’intervento in fase di produzione.

La griglia può dunque venire impiegata sia in fase di analisi del prodotto seriale finito, sia nella fase della sua progettazione. Vediamo ora un caso molto importante relativo all’intervento del semiologo su di un prodotto già progettato ed in fase di realizzazione; il caso è quello della progettazione delle infografiche di un’opera a fascicoli. Per infografica si intende un qualunque disegno correlato ad un breve testo, una didascalia o quant’altro, a costituire un meccanismo semiotico complesso con finalità solitamente didattiche o esplicative; nel caso che la grafica sia costituita da fotografie, avremo delle infofotografiche, attualmente di gran moda.

In questo caso, tramite l’analisi delle occorrenze delle diverse infografiche, è possibile individuare possibili approfondimenti necessari sia per la completezza informativa del prodotto, sia per l’omogeneità tra una uscita e l’altra.

2.4 La griglia e il quadrato: confronti

Rispetto al quadrato semiotico, precedentemente preso in esame, questo tipo di griglia rappresenta uno strumento di intervento ad un diverso livello testuale, meno profondo, lavorando non più sui valori, ma sulla loro occorrenza nel testo in strutture complesse già presenti e circolanti a livello semio-discorsivo, intervenendo sulla qualità e sulla completezza del contenuto informativo a partire da un ammontare dato di risorse già investite.

3.0 Cosa fare e non fare.

Abbiamo finora cercato di contribuire a mostrare con esempi quali siano le potenzialità offerte dalla semiotica applicata al processo di produzione dei segni, già impiegate o ancora da scoprire. Tanto entusiasmo va ponderato. E’ dunque il caso di entrare più nel dettaglio nella problematica dei rischi connessi all’ineliminabile arbitrarietà dei linguaggi che comunemente impieghiamo, anche tramite un approfondimento teorico sul concetto stesso di "arbitrario".

3.1 Due modalità di significazione nella teoria

Riprendendo la problematica della classificazione dei segni nel suo Semiotica e filosofia del linguaggio, Umberto Eco (1984) distingue i segni in arbitrari e motivati a seconda della relazione logica che lega il piano dell’espressione a quello del contenuto. Quest’ultima può essere arbitraria, e in tale caso il rapporto è di implicazione semplice (ratio facilis), o motivata, e in questo caso il rapporto è di coimplicazione (ratio dificilis). Nel secondo caso è possibile (per lo meno logicamente) rovesciare la direzione del rapporto tra contenuto ed espressione procedendo da quello a questo: ecco un esempio scacchistico: partendo dall’intenzione di veicolare il contenuto:

"il nero alla ventitreesima mossa arrocca lungo e non è una gran mossa"

produciamo :

23 (…) 0-0-0?

Da notare che il significato, sopra esposto, vien da dire tradotto, in italiano, è inequivocabilmente lo stesso in ogni lingua, ed è il medesimo per autore e lettore.

Al contrario, nel caso di ratio facilis, nulla ci autorizza a rovesciare la catena. Solo tramite la costruzione di un linguaggio formalizzato è infatti possibile eliminare l’ambiguità semantica ed evitare – almeno in teoria, e a patto di tralasciare i problemi circa la definizione dei primitivi semantici e del paradosso di Gödel – fenomeni di decodifica aberrante, e sempre che il destinatario della comunicazione sia in possesso del codice impiegato.

3.2 … e nella pratica

Nel gioco testuale i due regimi di significazione convivono, specie nei testi con cui ha a che fare il marketing, basati su di un "mix" di semiotiche diverse, per usare il linguaggio di Ceriani. Accogliendo un suggerimento di Giampaolo Proni, diremo che il meccanismo inferenziale tipico della semiotica può servire a produrre un testo secondo un procedimento retroduttivo: dall'obiettivo interpretativo (intenzione) si può procedere a abdurre possibili strutture di valori, dinamizzarle in narrazioni e/o in dispositiones (o intrecci) e così via fino al testo lineare (lessici ecc). Esiste un design dei testi come un design degli oggetti o degli edifici, e vi sono dei procedimenti per progettare testi – a mio parere interessanti per una sociosemiotica (pensiamo alle routines produttive) - e che una semiotica della produzione testuale può anche contribuire ad analizzare logicamente, a modificare e migliorare. Ma non sono monotonicideduttivi: due individui diversi con lo stesso procedimento possono produrre testi diversi, anche se non del tutto. Aggiungiamo che chi produce testi, anche senza essere necessariamente un semiologo, potrà impiegare lo stesso quadrato semiotico alla stregua di uno strumento standardizzato per produrre testi di un certo tipo, anche se al di fuori della tradizione epistemologica che lo ha prodotto e con la possibilità che possano essere reperiti strumenti migliori in futuro, facendo inoltre ricorso a codici socialmente prestabiliti e noti come quello della retorica; rovesciando il processo interpretativo in produttivo parleremo allora di ipercodifica (Eco 1975, pp.188-190). Ove tali codici fossero assenti o ignoti, potranno entrare in gioco competenze fondamentalmente extrasemiotiche, dove le doti di creatività, o di esperienza consentono di presupporre codici potenziali che consentano di veicolare i contenuti che vogliamo far passare, per ipocodifca (Eco 1975, pp.190-192).

3.3 Un esempio dei rischi.

Prendiamo alcuni esempi di quel che potrebbe accadere se applicassimo uno schema di analisi semiotico in senso inverso, non più per analizzare un testo esistente, ma per produrne uno nuovo. Specifichiamo che i casi che prendiamo in esame sono del tutto ipotetici.

3.3.1 La copertina di moda, tra retorica e ideologia

Dobbiamo produrre una copertina per un settimanale di moda. Per farlo, utilizziamo lo schema di Roland Barthes (adattato da Traini 2001) per l’analisi dell’immagine, per il quale la semiotica dell’immagine diviene piano del contenuto del metalinguaggio verbale tramite cui la si descrive; quest’ultimo, grazie ad un codice retorico, connota ideologicamente alcuni valori (fig. 3).

Rovesciando senza autorizzazione il percorso proposto, decidiamo che la nostra copertina dovrà comunicare, ideologicamente, "sensualità al maschile". Lo farà grazie ad un tailleur, ad un determinato ombretto, ad un rossetto particolare, ad una modella slanciata e non mediterranea, con i capelli raccolti in una pettinatura severa. Nuda sotto il tailleur. Si tratta della Copertina di "D di Repubblica" 269.

Con ciò non vogliamo dire che sia questo il modo di produrre le copertine di "D"; tuttavia, la copertina di "D", rendendo esplicito lo schema barthesiano, funziona più o meno così: abbiamo una immagine; ad essa si associa un breve testo posto nella pagina del sommario che descrive come tecnicamente è stata costruita, e un titolo che esplicita l’effetto di senso desiderato. Il tutto è un meccanismo semiotico potente che non si limita barthesianamente a connotare (quasi subdolamente) un messaggio ideologico, ma che orienta esplicitamente l’interpretazione. Altro ci sarebbe da dire sulla pretesa forte che vede la moda come operazione autoriale, ma non ci dilunghiamo oltre; ciò che ci preme dimostrare è che, a ben guardare, le cose non sono così semplici.

3.3.2 Effetti di senso previsti e imprevisti.

Innanzitutto, il fatto che il codice retorico e l’effetto di senso siano esplicitati, connota inevitabilmente l’idea della "costruzione" della bellezza femminile, anche in altre copertine, anche quelle che veicolano effetti di senso come "affettuoso contrasto" (n. 266). Se in "D" è un fatto voluto esplicitamente, è d’altra parte evidente che se non si trattasse di una scelta, ci troveremmo di fronte ad un deragliamento semantico dell’intentio operis rispetto all’intenzione dell’autore (Eco 1979). In analogia ad un termine tradizionalmente impiegato nella semiotica, parleremo di casi simili come di altrettanti esempi di codifica aberrante. Per di più, basterà un tailleur a dare l’idea di una declinazione al maschile della sensualità femminile? A meno di non scegliere una modella dal fascino androgino (e non è questo il caso), diremo di no. Quel che è successo è che il tailleur è un indumento la cui "maschilità" si è andata via via perdendo con il tempo e con l’evoluzione diacronica dei costumi. Il codice che abbiamo impiegato potrebbe non essere più in possesso di tutti i lettori (e questo è proprio ciò che avviene nella copertina considerata). Il lettore modello previsto dal testo, che dovrebbe essere in grado di riconoscere la declinazione maschile del tailleur, non coincide –poniamo- con la maggioranza dei lettori giovani, per il quale il tailleur rimanda ad un mondo adulto e professionale e avremmo un caso di decodifica aberrante strictu sensu. Ora, nel caso di "D" probabilmente i lettori giovani non rappresentano il bersaglio della rivista, come possiamo stabilire con una analisi semiotica a posteriori, anche se non mancano esempi di copertine che riportano una moda fruibile anche da un pubblico giovanile:

Per un lettore modello differente, determinati valori di fondo vengono veicolati da segni diversi e per il piano dell’espressione, e per il livello superficiale di quello del contenuto, fino ad avremo allora una discrasia totale, o parziale, dei codici di fondo, in tutto o in parte. Questa è una ragione semiotica sufficiente a comprendere come mai le campagne pubblicitarie vengano declinate in modi e termini differenti a seconda del lettore-modello, delle sue competenze presupposte, delle inferenze richieste; pensiamo ad esempio ad una campagna pubblicitaria della penna Waterman presa in esame da Marrone (2001, pp.197-214).

3.3.3 Un esempio di riduzione del rischio: l’ironia.

Un caso di strumento utile a correggere distorsioni del tipo "D", è il seguente: immaginiamo un corso di lingua inglese commerciale in cd-rom. Il problema è la definizione di uno slogan che sottolinei come il corso sia rivolto a professionisti come strumento utile sul lavoro. Una prima proposta può essere: "Il corso per la tua carriera".

E’ immediatamente evidente il problema che sorge: il nostro lettore modello è una persona che vede la sua realizzazione personale passare attraverso la carriera. E’ possibile che questo sia un valore universale? O meglio, è possibile affermare con certezza che tutti coloro che potrebbero essere interessati per motivi professionali al CD-Rom sono personaggi postmoderni che fondano la propria identità senza giustificazioni di natura ideologica su quel che fanno (cfr. Lyotard 1979), sulla propria performance in campo lavorativo? Possiamo dubitarne. In particolare, la carriera può essere vista come un mezzo per ottenere certi fini (benessere, stabilità economica), e il lavoro stesso può essere inserito tra parentesi dal lavoratore che si ritaglia il proprio spazio privato del quale è gelosissimo e sul quale fonda realmente la propria identità: per costui, il lavoro può essere vissuto semplicemente come un male necessario, e ogni accenno ai valori aziendali e al carrierismo può essere in definitiva controproducente.

L’arma che in questo caso può venire utilizzata, la più ovvia, è quella dell’ironia, che consente di contraddire il destinatario della comunicazione metacomunicando (in questo caso "sto scherzando") e contemporaneamente prendendo le distanze da ciò che stiamo dicendo. Ironia, non sarcasmo, ovviamente: il destinatario non si deve sentire preso in giro: "il corso che finalmente ti consente di parlare la lingua del tuo capoufficio", o "il corso grazie al quale capirai perché il tuo stipendio non aumenta da dieci anni".

Alla fine, il testo scelto è:

"Per un inglese di gran carriera"

Il doppio senso non è gratutito, ma veicola sinteticamente anche alcune (supposte) qualità del cd. L’ironia è tuttavia strumento forse troppo abusato, ovvio e semplice: probabilmente ogni volta che vi si fa ricorso ci si dovrebbe chiedere se la soluzione trovata è così originale da giustificarne l’impiego.

3.4 Ex-ante, ex-post.

L’esempio di "D" rivela l’utilità di un terzo livello di intervento semiotico: oltre all’analisi generale degli obiettivi della comunicazione e alla definizione dei percorsi narrativi, è possibile intervenire sul testo ultimato prima della distribuzione. Il semiologo può divenire il medico della comunicazione, che somministra terapie per correggerne le aberrazioni (per lo meno, quelle identificabili) ex-ante, durante la produzione, ed ex-post, a produzione avvenuta prima che intervenga la fase della distribuzione del prodotto semiotico. Come ogni buon medico, il semiologo cura la vita dei testi; in nessun caso crea tale vita. Un caso letterario piuttosto famoso di medico che crea la vita è Victor Frankenstein; il rischio cui si espone il semiologo che crea il testo è il medesimo cui quest’ultimo si espone nel racconto della Shelley. Non dunque una comunicazione prefabbricata semiologicamente, bensì una comunicazione semioticamente riveduta e corretta.

3.5 Qualche conclusione.

Con queste dovute cautele, non vogliamo scoraggiare dall’intervento nel processo tramite cui le fabbriche di segni producono i testi. Sosteniamo proprio il contrario, ossia la validità di tutti gli strumenti del semiologo, quadrati, griglie, modelli a più livelli, nel controllo punto a punto di ogni tappa che porta alla fabbricazione del testo finale, alla sua circolazione. Il semiologo ha un bagaglio di categorie e una esperienza di testi analizzati tale che lo rendono in grado di verificare punto a punto la qualità di tale processo. Ma con un presupposto che è sicuramente condiviso da tutti i semiologi: non si dà espressione senza contenuto, non si dà livello profondo di testi senza superficie, non si dà forma senza sostanza: tutto ciò che esiste, pragmaticamente, è testo e nient’altro, ed è sempre e comunque su testi che lavoriamo quando creiamo, modifichiamo, tagliamo, correggiamo bozze, proponiamo integrazioni e quant’altro.


Francesco Galofaro

BIBLIOGRAFIA

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